Limes ha collaborato con l’associazione Auret, per la realizzazione di un laboratorio. La scelta ricade proprio con una associazione in qualità del ruolo che essa svolge come contenitore e luogo di protezione da un confronto diretto e impossibile con la realtà. Si tratta di un contenitore elastico, solido e flessibile alle esigenze di chi ne fa parte. L’obbiettivo è dunque quello di riattivare i canali comunicativi chiusi difensivamente. 

Abbiamo voluto coinvolgere Auret perchè non si propone come elemento escluso dalla società ma anzi favorisce una connessione con il tessuto abitativo, lavorativo e ricreativo del territorio. L’intervento degli operatori mira non solo agli utenti ma alla società stessa che ha parte nella conservazione o abolizione dello stereotipo.

Il laboratorio è nato dalla necessità di analizzare realtà nascoste, che sono rese tali da un limite che divide ciò che è visibile e ciò che invece non si vede, come la superficialità nel non conoscere l’altro e i pregiudizi verso quest’ultimo. Ciò che non si vede costituisce la radice dei comportamenti umani, della gerarchia sociale e della stratificazione non omogenea di una città. Ed è stato, pertanto, necessario avvicinarci e stare a stretto contatto con associazioni che spesso vengono ignorate da una società artificiosa come la nostra e che , come nel caso di Auret,  si occupano di aiutare ragazzi che rientrano nello spettro autistico. Il nostro obiettivo era quello di vivere un’esperienza che ci permetesse di comprendere e di far apprendere lo sconosciuto, il diverso e la sua possibile integrazione in una società che non sa come accoglierla perché impreparata.

 I ragazzi Michele, Mattia, Manuel, Michelangelo, Davide, Gabriele, Giovanni e Francesco si sono aperti e ci hanno fatto entrare nel loro quotidiano.Hanno parlato di sé tramite foto, disegni, canzoni, storie e nel confrontarci con loro, ci accorgevamo ,sempre più, che stavamo affrontando indirettamente anche dei nostri limiti. Il nostro progetto mira alla sensibilizzazione e alla conoscenza dello sconosciuto, dell’ignoto che spesso fa paura perché non si sa come affrontarlo.

Siamo grate sia i genitori che agli operatori per la disponibilità e la gentilezza dataci e per averci accolto facendoci sentire come a casa.

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